Quattro morti per la zanzara killer, portata dall’Africa dagli uccelli migratori. Anche una zanzara può trasformarsi in un pericoloso killer. E riuscire a far tremare un’intera isola. Non un insetto qualunque, ma infetto dalla temuta West Nile, la febbre del Nilo. La Sardegna era in allerta fin dal 2008, lo scorso settembre l’allarme: il virus è arrivato. Dall’Africa fino agli stagni dell’oristanese e in particolare della penisola del Sinis, «tradita» proprio da una delle sue attrazioni più belle: i fenicotteri rosa. Sono stati loro, insieme con altri uccelli migratori che abitano quei lembi di terra e acqua, a portarlo. Poi gli insetti che li hanno punti hanno generato l’epidemia, per un totale di 54 focolai riconosciuti. E uno spaventoso bilancio in pochi mesi: 34 uccelli, 18 cavalli morti, e soprattutto 4 vite umane; l’ultima morte risale al 22 dicembre. E mentre i contagi sembrano essersi fermati, con l’arrivo del freddo, ci si prepara con difficoltà a un possibile ritorno dell’emergenza già dalla primavera.
I POLLI SENTINELLA DANNO L’ALLARME – Il virus è antico, venne riconosciuto per la prima volta in Uganda nel 1937. Nel tempo si è diffuso nel Medio Oriente, in India, in Messico e negli Stati Uniti. In Italia è arrivato nel 1998, con alcuni casi riscontrati nei cavalli in Toscana. Per anni è scomparso, fino al 2008, quando è riapparso in Veneto, Emilia Romagna e Lombardia e ha colpito per la prima volta l’uomo, con alcuni decessi fra Ferrara, Modena e Rovigo, a cui ha fatto seguito ancora un periodo di riduzione dei casi. E veniamo al 2011 con l’arrivo del virus in Friuli, senza alcun decesso, e l’esplosione in Sardegna con 4 decessi umani e decine animali. A dare l’allarme sono stati dei polli sentinella nella zona S’ena Arrubia, fra Oristano e Arborea: «Li abbiamo individuati in due aziende e ogni 15 giorni passavamo a prelevarli per le analisi – spiega Antonio Montisci, direttore del servizio sanità della Asl 5 di Oristano – lo scorso settembre hanno cominciato ad essere positivi alla West Nile».
I SINTOMI – In poco tempo il virus arriva ai cavalli, a dare per primo l’allarme è stato Mario Manca, veterinario e allevatore: «Nell’arco di due giorni mi sono capitati tre casi di cavalli con problemi nervosi che non riuscivo a riferire a nessuna malattia conosciuta – racconta – così mi è venuto il sospetto che potesse trattarsi di West Nile». «I sintomi nel cavallo sono molto simili a quelli di colica, ma tendono a protrarsi – spiega l’epidemiologo Onorato Frongia, medico del servizio di igiene pubblica della Asl di Oristano- sono: febbre molto alta, edema alle palpabre, passo incerto». Più problematica è la diffusine nell’uomo: «Questa è una malattia subdola – afferma la dottoressa Caterina Rizzo dell’Istituto superiore di sanità – perchè per l’80% dei casi è asintomatica, nel 20% genera febbre e soltanto nell’1% si presenta con una forma neuroinvasiva». In Sardegna ha ucciso 4 persone fra settembre e dicembre, fra questi anche un trentaquattrenne in perfetta salute, Michele Maggino, di San Vero Milis. Ma i decessi sono solo la punta dell’iceberg del problema, non si sa quanti abbiano contratto il virus; la più alta densità di forme neuroinvasive nell’uomo si è verificata nel 2011 in Veneto (8 persone, nessun decesso).
LA MORTE DEL TRENTAQUATRENNE – Esiste una particolarità per il virus in Sardegna: «La forma neuroinvasiva della malattia di solito colpisce anziani con patologie alla base, che vengono aggravate. E’ raro che soggetti giovani ed in buona salute presentino la forma più grave della malattia – continua Rizzo – anche se casi simili sono stati descritti». La febbre del Nilo «non si trasmette da uomo a uomo ma solo da animale a zanzara e da zanzara a uomo», chiarisce Antonello Usai, direttore generale dell’Istituto zooprofilattico di Sassari. L’ultimo focolaio identificato risale a metà dicembre: «Le basse temperature impediscono la diffusione massiva, c’è da dire però che in Sardegna non c’è una temperatura così rigida neppure in inverno. E se in Veneto il freddo ha distrutto uova, da noi la temperatura potrebbe non aver fatto altrettanto», continua Usai.
«LA REGIONE NON CI HA DATO RISORSE» – Nell’isola è esploso il panico fra gli abitanti. «Abbiamo subito creato un’unità di crisi – afferma l’assessore regionale alla sanità Simona De Francisci – e i primi di ottobre il presidente Ugo Cappellacci ha emanato un’ordinanza con dei provvedimenti urgenti come la disinfestazione, la rimozione dei sottovasi e dei copertoni d’auto dove spesso ristagna l’acqua. Poi abbiamo avviato una campagna di comunicazione per i cittadini e a marzo partirà un piano di sorveglianza». Ma come è possibile debellare il virus? «L’unico modo per agire – spiega la dottoressa Rizzo – è la disinfestazione, che è importante non venga fatta una tantum ma sia continua». In Sardegna ad occuparsene sono state le Province. «Abbiamo assunto 12 disinfestatori, oltre alle 20 unità che abbiamo in pianta stabile ma per gestire la straordinarietà dell’emergenza non abbiamo ricevuto risorse aggiuntive dalla Regione – attacca l’assessore provinciale all’ambiente di Oristano Emanuele Cera – nonostante ci avessero dato assicurazione che sarebbero arrivate. E’ stato preso atto della gravità della situazione ma in termini pratici non ci è stato dato nulla». Il rischio è alto: «Se con l’arrivo della primavera dovesse ripresentarsi una grave situazione – continua l’assessore – non saremmo in gravi difficoltà: a marzo scadranno i contratti di nuovi assunti e diventerà impossibile gestire l’emergenza». Dalla Regione arriva la promessa: «Stanzieremo delle risorse in giunta per la disinfestazione, vedremo a quali province saranno destinate», dice De Francisci. E aggiunge: «Non stiamo sottovalutando il problema, siamo in un periodo di silenzio epidemico, non parliamo di emergenza».
VACCINO A CARICO DEGLI ALLEVATORI – Altro fronte è quello del vaccino. Non esiste per l’uomo, ma solo per i cavalli. Anche se è completamente a carico degli allevatori: «Noi avevamo spinto affinchè la Regione desse qualche contributo – afferma Osvaldo Panetto, direttore dell’Apa di Oristano – ma tutt’oggi le spese sono a carico dell’allevatore»; circa 120 euro, fra allevatore e vaccino, a cui devono far seguito due richiami ogni anno. L’assessore De Francisci mette le mani avanti: «Gli allevatori si sono presentati molto divisi sull’argomento: vaccino sì, vaccino no – conclude – siamo rimasti con questo interrogativo, presto li riconvocheremo. Non abbiamo risorse per coprire totalmente le spese, ma possiamo ragionare per un finanziamento al 50 %».